gli anni duri della c2 con tante promozioni mancate
1985-1997
Il peso degli ottant’anni
Ormai quasi ottuagenario, il Novara avverte in maniera allarmante il peso dei suoi anni. D’un tratto la società pare aver smarrito la via del calcio che conta. Le sfide con Juventus, Milan e Inter sono ricordi lontani. Adesso però vengono meno anche le classiche con altre nobili provinciali. Il medioevo azzurro si colora di confronti non meno impegnativi con l’Ospitaletto, il Crevalcore o il Brescello di turno che dominano, di volta in volta, l’ostica categoria.
Non bastano gli investimenti
Eppure è un periodo di grandi investimenti e di stimoli importanti. Presidenti come Nicolazzi e Armani hanno le spalle coperte da un azionista attento e puntuale come Gianfranco Montipò al cui fianco c’è, quasi sempre, Adriano Bossetti.
Nicolazzi e Armani due nomi che s’inseguono a lungo nella storia azzurra a cavallo degli anni novanta. Due personaggi che sin dal loro arrivo danno alla gente l’illusione che stia per accadere qualcosa di importante.
Arriva Cuccureddu
Uno dei primi colpi del Ministro ai Lavori Pubblici è di quelli destinati a far rumore. Grazie alla radicata amicizia con Boniperti e con il conte Pontello avvicina Antonello Cuccureddu, uno dei big della prima Juve trapattoniana. Se con Piola si è tornati in A, un Cuccureddu a fine carriera deve valere almeno la C1. L’equazione inizialmente sembra funzionare. Con Cuccureddu avanzato nel ruolo di compassato regista il Novara riprende a vincere in un crescendo di entusiasmo. Con il passare delle settimane però il giocattolo si rompe. Cuccureddu entra in conflitto con le scelte del tecnico Peo Maroso e con i leader del gruppo. Così la grande illusione si trasforma nell’ennesima delusione con il Novara fuori dai giochi prima ancora di lanciare lo sprint finale.
La scossa del sindaco
A dare la scossa a Nicolazzi dopo le prime sconfitte ci pensa addirittura il sindaco Riviera che nel novembre 1985 tuona con una lettera aperta: “Di questo passo vedremo il Novara giocare con il tuo Gattico”.
Ferito nell’orgoglio il Presidente azzurro torna a fare le cose in grande ingaggiando un trio delle meraviglie: con il confermato Balacich ci sono il futuro regista del Pisa Dolcetti ed il “beniamino” dei tifosi Scienza, di ritorno da un’avventura all’Ancona.
Ma nemmeno questo Novara riesce a risalire in C1. S’impone di una lunghezza la Torres di Zola, portandosi a braccetto il pragmatico Derthona di Domenghini.
Anni di salvezze sofferte
Nel dopo Nicolazzi la navicella azzurra prosegue il suo cammino con qualche incaglio di troppo. La società sarebbe da Coppa dei Campioni per la correttezza dei bilanci, ma la squadra spesso fatica persino a conservare un posticino in C2. La retrocessione di Modena del 7 giugno 1990 rappresenta sportivamente il punto più basso della storia del Novara Calcio. Ma non si tratta di un evento isolato, perché a Sassuolo nel 1988 e a Crema nel 1992 gli azzurri sono costretti ad inseguire un’affannosa salvezza all’ultima giornata. E dire che da Novara passano anche allenatori di nome: l’instancabile lavoratore Fedele, il promettente Nicolini e, durante il breve ritorno di Tarantola, l’emergente Del Neri.
L’uomo bandiera di questi anni non facili è il “gigante buono” Armanetti, un ragazzo molisano che trova a Novara la consacrazione. La C2 sembra diventata un labirinto inestricabile per la società azzurra che ha le sue difficoltà a tenersi a galla in uno sport che sta cambiando.
Un sogno chiamato Armani
Il matrimonio Armani-Novara si celebra nell’estate 1994, a dieci anni esatti dai primi contatti. Al fianco del presidente Giampiero anche Montipò e Bossetti. Il Novara dal punto di vista economico è un’autentica corazzata e diventa la meta ambita per tutti i giocatori che il presidente tratta come figli adottivi. Anche i tifosi stravedono per il Presidentone. Nel suo sorriso bonario e nella sua voglia di vincere scorgono l’occasione giusta per il riscatto dopo tanti anni di sofferenza. La C1 rimane però un sogno proibito. Il primo assalto si arena nei play off con il Saronno. Dopo 14 anni di tentativi falliti c’è il rischio di scoraggiarsi.
S’imbocca finalmente la strada giusta…
Nell’estate del 1995 s’imbocca, invece, la strada giusta. Il mercato del Novara è gestito da Federico Gozio, artefice dei miracoli dell’Ospitaletto.
L’idea calcistica è chiara e viene costruito un brillante mix tra giocatori affermati come il regista Pellegrini e Papais, giovani di qualità come Turato, Scotti e soprattutto l’imprendibile Coti e Simone Inzaghi e la conferma dell’affidabile asse centrale composto dal portiere Bini, dal libero Casabianca, dal mediano Biagianti e dal bomber Borgobello.
La rimonta sul Lumezzane vale la C1
Eppure non è una cavalcata trionfale. Gli Azzurri rimangono quasi appaiati fino a Natale con l’agguerrito Lumezzane, poi il Novara incappa in una crisi che pare irreversibile. Gozio è a casa, per problemi di salute, l’allenatore Ferrario smarrisce la rotta.
Serve una scossa. Arriva Piero Frosio, tecnico che ha guidato l’Atalanta in Coppa Uefa e con lui Camillo Cedrati, da sempre sulla panchina dell’Inter. Il Lumezzane pare imprendibile.
E invece comincia una rincorsa lenta, ma inesorabile che culmina il 12 maggio davanti a diecimila tifosi grazie al gol di Pellegrini contro l’Alzano. Scatta il delirio collettivo di una città intera che pare finalmente svegliarsi da un incubo. Il carosello dura sette giorni esatti, fino allo 0-0 di Busto che sancisce la matematica promozione in C1.
Il risveglio è davvero amaro
Tutti pensano che sia appena l’inizio di un ciclo sportivo lungo e vincente. Invece è solo l’ennesima delusione, più crudele delle precedenti, perché tutto si sfalda in pochi mesi.
Sin dall’indomani della promozione scoppiano tra i dirigenti contrasti che si rivelano insanabili. Armani se ne va dopo mesi di convulse trattative. La tifoseria è sconcertata e riversa la delusione sugli azionisti superstiti. Si passa dall’euforia di maggio alla malinconia di un raduno semiclandestino in un albergo di Arona con una decina di giocatori spaesati.
L’inizio in C1 non è certo da disprezzare. Con la Pistoiese comincia però la serie di rigori falliti che getta un’ombra sinistra sulla stagione. A dicembre partono i giocatori più forti. A gennaio sembra che l’encefalogramma sia definitivamente piatto.
La reazione primaverile frutta almeno i play out. A Pistoia va in scena un pomeriggio da girone dantesco: servirebbe una vittoria per conservare la C1, ma il grande assalto finale genera solo rimpianti. Giordano sbaglia a porta vuota, Hervatin centra il palo all’ultimo secondo di speranza…